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Dott.ssa Giuditta Mastrototaro

Dott.ssa Giuditta Mastrototaro

Sonno: perché il mio bambino non dorme?

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Comprendere i naturali ritmi del sonno del bambino e saper ascoltare i suoi bisogni.

1. Sonno in gravidanza

Prima di affrontare questo tema è sempre bene partire da informazioni corrette. La cosa che sappiamo, è che fin dalla gravidanza il sonno della madre cambia.

Infatti, l’alzarsi con regolarità di notte già negli ultimi mesi della gravidanza, per andare in bagno, sta preparando la madre ai risvegli notturni del suo piccolo.

Inoltre, in funzione della nascita, anche la qualità del sonno della madre cambia, divenendo meno profondo e più vigile. Sappiamo, anche che il bambino nasce immaturo dal punto delle proprie regolazioni neurobiologiche e per questo che desidera addormentarsi accanto ad un cuore che batte o al ritmo del respiro dei propri genitori, questo lo fa sentire protetto e amato.

2. I cicli del sonno nei bambini

Ci vorranno comunque alcuni anni, prima che i cicli del sonno e in particolare le fasi del sonno REM e non REM (Rapid Eye Movement) siano simili a quelle degli adulti.

Infatti, i cicli del sonno dei bambini sono diversi da quelli dell’adulto. Il bambino ha un ciclo più breve e quindi può avere più risvegli notturni, mentre gli adulti hanno i cicli del sonno più lunghi e quindi hanno meno risvegli.

Inoltre, anche noi adulti alla fine di ogni ciclo Rem abbiamo dei risvegli notturni ma abbiamo imparato riaddormentarci, mentre i bambini non sono ancora in grado di farlo da soli.

Per almeno i primi tre anni il bambino si sveglierà di notte e desidererà avere vicino una figura che lo rassicuri, per potersi abbandonare al sonno nuovamente.

Il sonno del bambino è un processo fisiologico e come tutti i processi neurobiologici si stabilizzerà con ritmi simili all’adulto quando il bambino sarà pronto a farlo. Quindi, la prima cosa da fare quando ci interroghiamo sul sonno del nostro bambino, è quella di chiederci se non abbiamo aspettative che non rispecchiano la fisiologia del sonno.

Se ci aspettiamo un bambino che vada a letto alle 9.00 di sera da solo e si risvegli alle 8.00 del mattino, è chiaro che ci arrabbieremo quando questo non accadrà e potremo anche pensare che ci sia qualcosa che non va nel bambino o nel nostro modo di educarlo.

Partire quindi dalla consapevolezza che i bambini generalmente non dormono tutta la notte, può aiutarci a cambiare le nostre aspettative e le nostre domande.

3. Le giuste domande da porsi

Le domande sono elementi potenti, perché ci danno l’occasione per ascoltarci e ascoltare la situazione.

Allora proviamo a chiederci: di cosa ha bisogno in questo momento mio figlio? Che messaggio voglio dare a mio figlio quando ha bisogno di me? C’è nello stesso tempo qualcosa che posso fare, che mi faccia sentire meglio quando sono stanca?

Rispondere a queste domande ci aiuterà a fare scelte che siano rispettose dei bisogni di entrambi e potrebbe motivarci nell’essere quel genitore amorevole ed empatico che desideriamo.

La realtà è che ci siamo allontanati dal processo naturale e fisiologico del sonno dei bambini, per rispondere alle esigenze economiche e culturali della nostra società, dove tutto deve avvenire in fretta.

I bambini non possono essere messi a dormire ma hanno bisogno di essere accompagnati al sonno, impareranno nel tempo a farlo da soli e a diventare autonomi.

A dormire come a mangiare o a camminare non s’insegna, è qualcosa scritto nei nostri geni. Quindi, la cosa più efficace che possiamo fare, è quella di non interferire con questi naturali passaggi fisiologici, cercando di velocizzare i tempi.

Ciò che invece li aiuta ad addormentarsi è l’essere allattati, cullati e tenuti tra le braccia. Successivamente possiamo costruire anche alcune routine come accarezzarli, raccontare una favola o cantare una ninna nanna. L’ambiente è importante, creare penombra, parlare a bassa voce e magari consentire di fare un gioco tranquillo prima di addormentarsi potrebbe essere utile.

4. Conclusioni

Ciò che fa crescere un bambino nelle sue autonomie, non è quanto abbia dovuto piangere per farsi ascoltare, non è l’aver dovuto mettere da parte i suoi sentimenti, ma quanta fiducia restituiamo al bambino riguardo alle sue competenze, di sapere quali sono i suoi bisogni anche durante il sonno.

Essere allora un genitore in ascolto e in empatia con i propri figli, vuol dire rassicurare un bambino nei suoi risvegli, essere disponibili nell’accoglierlo con noi in una vicinanza fisica e affettiva anche di notte.

Quando smetteremo di pensare che c’è qualcosa di sbagliato in noi o nei nostri figli, scopriremo che ognuno fa il meglio che sa e che può in quel momento e restando fiduciosi, sperimenteremo che gradualmente ogni bambino imparerà.

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Articolo realizzato da:
Dott.ssa Giuditta Mastrototaro
Pedagogista
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