svezzamento bambini
Dott.ssa Giuditta Mastrototaro

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Svezzamento: il mio bambino è pronto?

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Come fare a capire se il tuo bambino è davvero pronto per lo svezzamento?
Quali sono i segnali che ci dicono che il piccolo può iniziare? E in caso di allattamento, si può interrompere per iniziare lo svezzamento?
Approfondiamo il tema in questo articolo con la dottoressa Giuditta Mastrototaro, pedagogista.

Il mio bambino è pronto per lo svezzamento? Prima di rispondere a questa domanda, è importante chiarire meglio la questione.

Intanto che cosa si intende per svezzamento.

1. Cosa s’intende per svezzamento?

Se per svezzamento intendiamo l’introduzione di alimenti complementari, come raccomanda l’OMS (l’organizzazione mondiale della sanità), vanno introdotti nella seconda metà del primo anno di vita.

Attenzione, perché molto spesso troviamo informazioni nel web, nei giornali per bambini e nelle sale d’attesa dei pediatri errati o non corretti: infatti, riportano di iniziare ad introdurre gli cibi complementari verso il 3° o 4° mese.

Molto spesso a promuovere l’anticipo degli alimenti complementari sono le aziende per l’alimentazione dell’infanzia o nuovi studi e ricerche commissionate da queste aziende, che hanno tutto l’interesse per introdurre nella dieta del bambino pappe e omogeneizzati.

Introdurre i cibi complementari prima che l’apparato digerente del bambino sia pronto, potrebbe divenire una forzatura dei suoi tempi.

Se abbiamo dei dubbi, è sempre bene usare il buon senso e osservare il proprio bambino.

2. Quando iniziare con i cibi complementari?

Quali sono gli elementi che ci dicono che il bambino è pronto per introdurre i cibi complementari?

Sono principalmente tre. Vediamoli insieme:

1.  Partire dall’interesse, ossia vedere se il bambino è interessato al cibo.
Questo lo possiamo osservare a tavola mentre mangiamo, quando il bambino tenta di prendere il cibo dalla tavola e portarlo alla bocca, oppure quando pur non avendo nulla in bocca, è buffo notare che mastica nell’intento di imitarci.

Ricordiamoci anche che mangiare è un atto conviviale e tenere il nostro bambino a tavola con noi è un buon modo di farlo partecipare fin da subito alla convivialità della propria famiglia.

2.  Osservare che sia scomparso il riflesso di estrusione della lingua: se ci accorgiamo che quando offriamo del cibo al bambino, lui non riesce a ingoiarlo, ma tira fuori la lingua con il suo contenuto, è chiaro che il riflesso è ancora presente. Questo significa il bambino non è pronto per l’introduzione dei cibi solidi.

3.  Riconoscere la maturità fisica del bambino. Un bambino che non riesce neanche un po’ a reggere la sua schiena e a stare seduto, anche con qualche piccolo aiuto, è un bambino che non è ancora in grado di mettersi a tavola e mangiare.

3. Cibo: un gioco da esploratori

I bambini, se lasciati liberi di esplorare il cibo, lo guardano, lo toccano, lo annusano, lo manipolano e poi lo assaggiano e naturalmente si sporcano e sporcano l’ambiente circostante, perché è il loro modo di conoscere e comprendere questa nuova esperienza.

Gli studi di Piaget ci dicono che siamo nella fase senso-motoria, per cui questi elementi di conoscenza sensoriale (odore, colore, tatto, gusto, il suono) e la coordinazione motoria mano-bocca sono importanti per una crescita cognitiva del bambino.

Quindi, se affrontiamo l’introduzione dei cibi complementari come un’esperienza naturale di sviluppo del bambino, è bene dargli la possibilità di incontrare il più possibile cibi genuini e meno quelli industriali, in un’ottica di auto svezzamento dove il bambino è protagonista attivo della sua crescita.

Proprio con uno sguardo in ascolto dei bambini è bene ricordare che non tutti i bambini sono pronti a introdurre i cibi solidi a 6 mesi. 

Alcuni lo sono qualche settimana prima e altri qualche mese dopo. Guardiamo sempre il nostro bambino nella sua individualità.

Ricordiamoci anche che durante lo svezzamento, alcuni cibi sono da evitare o moderare.

Un altro aspetto da tenere a mente è che, almeno per il primo anno di vita, il cibo solido non può sostituire integralmente il latte. Il latte, infatti, sarà sempre gran parte del suo nutrimento.

In quest’ottica è importante fidarsi del bambino e della sua capacità di autoregolazione. Sarà lui che diminuirà i ritmi della relazione di allattamento in base al suo sentire.

4. Svezzamento e allattamento

Un’altra accezione al termine svezzamento è invece chiedersi quando è pronto a concludere la relazione di allattamento.

Per ogni madre e bambino, è diverso.

Ci sono alcune madri per le quali non è un problema proseguire la relazione di allattamento materno come raccomanda l’OMS per due anni e oltre, fin quando mamma e bambino lo desiderano.

In questo primo caso, un aspetto da non sottovalutare è l’alimentazione della donna, affinché il nutrimento del piccolo sia completo.

Ci sono altre madri, invece, che preferiscono guidare il bambino verso la conclusione della relazione di allattamento.

Se vogliamo scegliere quest’ultima opzione, la domanda da porsi è: il mio bambino è pronto per concludere la relazione di allattamento?

Ci sono bambini molto sereni che richiedono sempre meno di essere allattati, fino a terminare tranquillamente questa esperienza.

Altri invece mostrano ancora il desiderio di poppare e, seppure in ascolto dei loro bisogni, possiamo gradualmente guidarli verso la sua conclusione se lo desideriamo.

Un periodo fertile dopo l’anno d’età, per guidare il bambino verso questa nuova autonomia, è intorno ai 18 mesi perché il bambino inizia a comprendere il linguaggio e quindi la parola diventa un canale di comunicazione sempre più efficace. 

In questa fase il bambino inizia a comprendere meglio il senso del limite e dare dei limiti alla relazione di allattamento è un modo per svezzarlo gradualmente. Ad esempio, esprimere chiaramente che non si è disponibili ad allattarlo in alcuni momenti della giornata, come quando si esce oppure quando si dorme.

Occorrerà restare in ascolto dei sentimenti e del bambino, che avrà bisogno di più rassicurazioni, coccole e vicinanza affettiva perché gli verrà a mancare una parte importante della relazione.

Così facendo la relazione di allattamento potrà procedere gradualmente fino alla sua conclusione con amore, rispetto ed empatia.

5. Conclusioni

Come abbiamo visto nell’articolo, quando si parla di svezzamento ogni bambino ha i suoi tempi, che i genitori devono comprendere e rispettare.

La stessa cosa vale per la relazione madre-figlio, specialmente se la donna sta ancora allattando.

In tutti casi è importante ricordare che ognuno di noi è diverso, ha tempi ed esigenze specifiche: rispettarle e tenerne di conto è il modo migliore per affrontare ogni cambiamento con serenità.

Se vuoi approfondire l’argomento e confrontarti con me e altri genitori sullo svezzamento, ti aspetto nella community di Parentube.

Un saluto,

Dott.ssa Giuditta Mastrototaro, pedagogista

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Articolo realizzato da:
Dott.ssa Giuditta Mastrototaro
Pedagogista
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