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Dott.ssa Anna De Santo

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I codici della comunicazione: linguaggio verbale e non verbale

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La comunicazione tra esseri umani non coincide solo con la produzione di una frase chiara e perfetta, essa è composta da diversi elementi che contribuiscono a far comprendere situazioni e relazioni. Esse forniscono maggiori informazioni rispetto al solo uso del linguaggio.

Indice

1. Comunicazione umana: una premessa

La comunicazione tra esseri umani non coincide solo con la produzione di una frase chiara e perfetta, essa è composta da diversi elementi che contribuiscono a far comprendere situazioni e relazioni. Esse forniscono maggiori informazioni rispetto al solo uso del linguaggio.

Il bambino durante lo  sviluppo apprende non solo a camminare e comunicare attraverso il linguaggio, bensì anche ad evolvere la propria competenza del linguaggio mimico, gestuale, posturale ed espressivo facciale. Sta al genitore e a chi si occupa del bambino imparare a leggere il modo di comunicare del proprio figlio affinchè divenga competente nella comunicazione.

La comunicazione verbale è un sistema molto complesso che il bambino apprende all’interno del suo nucleo familiare e della comunità in cui è inserito.

Comunicare bene è un processo molto difficile anche per noi adulti, spesso diamo per scontate delle situazioni e delle relazioni, utilizziamo delle modalità di comunicazione non sempre chiare, senza renderci conto che magari il nostro modo di comunicare è tipico  della nostra società e dell’entourage che abbiamo intorno, del luogo di lavoro in cui  utilizziamo   termini iperspecialistici,  che possono essere incomprensibili per chi vive al di fuori dell’ambiente che frequentiamo.

Perché questa premessa?

Un bambino impara a comunicare guardando gli adulti, se gli adulti non sanno comunicare il bambino  imparerà a comunicare male  o forse  imparerà a comunicare  al di fuori della  famiglia ma farà fatica all’interno della propria.

2. La comunicazione non verbale

Lo sviluppo del linguaggio è solo una parte della comunicazione che noi adulti mettiamo in atto con i nostri figli e alcuni dei nostri comportamenti che per noi hanno una logica e sono chiari, se non spiegati possono far suscitare dei sentimenti di ritiro dalla relazione, dall’uso del linguaggio nei bambini.

Facciamo un esempio: un bambino di 14 mesi è sul seggiolone e sta  sperimentando l’apertura e la chiusura della cintura di protezione del seggiolone, si vede che il bambino sta sperimentando una cosa nuova, come si apre la cintura per poi poterla anche richiudere, il bambino continua con la sua attività senza guardare in viso, chiama mamma tirando cercando di aprire il gancio, seduto  in modo composto, ma senza cercare di scendere come farebbe un bambino che vuole scendere dal seggiolone, la persona che si occupa di lui gli chiede se vuole scendere, il bambino non risponde e prosegue nella sua attività.

Questa è una situazione di linguaggio non comunicativo: il bambino ha comunicato attraverso il gesto, ha provato anche a chiamare la madre richiedendo il suo aiuto in questa attività pratica, ma la risposta  non coincideva con ciò che chiedeva il bambino e il bambino non ha più insistito nel chiedere aiuto attraverso linguaggio.

3. I precursori del linguaggio

Il bambino nei primi tre anni di vita comunica di più attraverso i gesti che con le parole, e nel bambino la presenza della comunicazione non verbale è molto importante perché ci dà la possibilità di capire se ci sarà un successivo sviluppo del linguaggio sia nella comprensione che nell’espressione.

Il linguaggio quindi non viaggia da solo, non è l’unico codice che viene usato nella comunicazione interpersonale, esso si sviluppa insieme al linguaggio mimico, gestuale, posturale, espressivo facciale, quindi è importante che noi conosciamo quanti tipi di comunicazione ci siano, come siano interrelati fra di loro e di come il bambino li utilizza per comunicare.

Quando comunichiamo con il nostro bambino dobbiamo osservare che cosa sta facendo, che cosa ci sta dicendo e a che cosa si sta riferendo, per rispondergli in modo adeguato e per avere da lui una risposta attraverso il linguaggio o attraverso la mimica.

I primi gesti che il bambino compie nei primi tre anni di vita e che sono i precursori del linguaggio sono le azioni del prendere, indicare, e dare. Non sempre il bambino accompagna queste azioni con il linguaggio ma la cosa più importante è verbalizzare noi quello che sta facendo, quello che ci sta indicando, quello che sta prendendo o che ci sta dando.

Ascoltare e riconoscere ciò che ci sta dicendo attraverso i suoi gesti, attraverso la sua postura e attraverso le sue espressioni facciali e anche del pianto è la risposta comunicativa potente che l’adulto dà al bambino “io ti sto ascoltando, tu per me ci sei, esisti” senza parlare, attraverso il vero ascolto.

3. L’importanza del processo di comunicazione

In un’altra situazione si vede un bambino di due anni nel parco, vicino ad un albero con in mano un foglietto di carta, guarda verso l’alto e comincia a dire “tic tic tic tic“, la madre si avvicina a lui è partecipe al suo gioco, gli dice: “bravo, ho visto che hai fatto tante foto, sicuramente saranno venute bellissime perché tu sei molto bravo a fare  le fotografie“. Il bambino si è voltato verso la mamma e sorridendo le ha  risposto “ti“.

In questa situazione non vi è stato una grande produzione di linguaggio ma la madre ha compreso la situazione creata dal figlio e gli ha fatto comprendere che lo ha capito e  che ha compreso cosa stava facendo. In questa situazione comunicativa positiva e attiva, il bambino si sente accolto e compreso e utilizza tutte le strategie che lo aiutano a farsi comprendere.

In questa seconda situazione la comunicazione era esistente e forte.

Questi esempi ci permettono di verificare come sia importante il processo di comunicazione e come il bambino attraverso le nostre parole, le nostre azioni, le nostre attenzioni comincia a costruire dentro di sé il pensiero e in seguito in modo naturale come divenga  parte attiva della comunicazione.

Si vede mano a mano, nel tempo, come il bambino   cerchi  di comprenderci, di trovare spiegazioni alle nostre azioni, osserva e ascolta silenziosamente il nostro modo di comportarci, impara a  leggere sul viso  i nostri sentimenti le nostre emozioni, per questo è importante quando si arriva a casa felici o  stanchi spiegare al bambino con un sorriso, semplicemente, la causa dei sentimenti e delle emozioni che proviamo senza entrare nel dettaglio.

Attraverso la verbalizzazione dei nostri sentimenti, il bambino imparerà  a nominare le proprie emozioni nei diversi contesti.

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Articolo realizzato da:
Dott.ssa Anna De Santo
Logopedista
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