lacrima
Dott. Vittorio Vezzetti

Dott. Vittorio Vezzetti

L’occhio che lacrima sempre in bambini da 0 a 3 anni

INDICE CONTENUTI

Se tuo figlio ha l’occhio che lacrima spesso, sappi che è una situazione molto comune.
Nei neonati e nei lattanti il dotto è piccolo e spesso parzialmente chiuso, se poi il bambino ha spesso il raffreddore, il naso chiuso o congestionato si può occludere totalmente. 

Indice

1. Occhio che lacrima spesso

Fisiologicamente le lacrime prodotte dall’occhio entrano in un condotto, il dotto naso-lacrimale, che le porta direttamente nel naso.

Nei neonati e nei lattanti il dotto è piccolo e spesso parzialmente chiuso, se poi il bambino ha spesso il raffreddore, il naso chiuso o congestionato si può occludere totalmente

Capita quindi che, in occasione di raffreddori, il dotto si occluda totalmente e ciò porta a 2 conseguenze:

  1. da un lato la lacrima esce dall’angolo laterale dell’occhio bagnando la guancia; 
  2. Dall’altro è possibile che, ristagnando, la lacrima si infetti causando una congiuntivite batterica che si riconosce per la presenza di una secrezione gialla inizialmente monolaterale poi bilaterale che va trattata normalmente con un collirio antibiotico.

2. Occhio che lacrima: accorgimenti

Nei primi 12 mesi il problema è frequente e reversibile. L’apertura può essere facilitata con dei massaggi specifici in prossimità della ghiandola lacrimale volti a produrre un’onda pressoria che può contribuire a sturare il condotto.

Anche l’igiene del naso può essere un elemento estremamente utile, un nostro alleato nel cercare di mantenere pervio questo dotto. Se il problema si mantiene costante anche dopi i 12 mesi, presentando una lacrimazione costante. Non si parlerà più di una substenosi, di una sub-occlusione o di una chiusura parziale, probabilmente c’è proprio una chiusura anatomica totale.

In questi casi, sarà invece opportuna una valutazione oculistica perché è molto probabile che il bimbo debba essere sottoposto a un piccolo intervento: il sondaggio del dotto naso-lacrimale.

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Articolo realizzato da:
Dott. Vittorio Vezzetti
Medico pediatra
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